«Una raccolta fondi per ricostruire la scuola più grande della Striscia di Gaza». È la proposta fatta dagli insegnanti di religione della Versilia che, qualche giorno fa, hanno partecipato ad un incontro con suor Nabila Saleh, religiosa egiziana di 47 anni, direttrice della scuola a Gaza, che è stato distrutto dai bombardamenti e lei con le suore del santo rosario si sono rifugiate in Giordania dove continuano la loro opera educativa. «Era la scuola più grande – racconta Suor Nabila - ci era stata donata dal presidente Arafat nel 1998. Una scuola bellissima nel centro di Gaza, frequentata per la maggior parte da studenti musulmani. La convivenza tra cristiani e islamici a scuola era pacifica, non si avvertiva alcuna differenza, anche perché noi li educhiamo al dialogo. Il nostro ruolo è proprio quello di insegnare agli alunni a rispettare l’altro, il diverso. Anche per questo è importante la presenza della nostra congregazione a Gaza: perché per i musulmani è difficile accogliere chi è di una religione diversa dalla loro e così noi gli insegniamo il rispetto proprio dei cristiani». E poi la religiosa continua: «Quando siamo scappate la scuola era parzialmente distrutta, ma qualche giorno fa il patriarca Pizzaballa mi ha confermato che adesso l’edificio è completamente distrutto. Speriamo che questa volta la pace duri e vediamo chi salirà al potere, infatti con Hamas per noi non sarà possibile rientrare a Gaza, perché sono 14 anni che stiamo soffrendo. Da quando c’è Hamas – ripete suor Nabila – ogni anno succede qualcosa e se rimanesse al potere, ogni anno, la scuola cadrebbe a pezzi e poi andrebbe ricostruita di nuovo». Suor Nabila racconta poi la strage del 7 ottobre: «Fortunatamente il 7 ottobre è la nostra festa, quella del Santo Rosario e quindi la scuola era chiusa. Ricordo che era un sabato mattina e noi eravamo a messa quando è iniziata la guerra. Non ci aspettavamo che fosse un attacco così duro. Ci siamo rifugiati nel nostro convento per 11 giorni e abbiamo accolto 70 persone. Non pensavamo che durasse due anni, eravamo convinti che, come sempre, durasse una settimana. Il dodicesimo giorno siamo dovute scappare perché la nostra era stata dichiarata zona rossa. È stata un’esperienza bruttissima, tragica. I bombardamenti duravano di notte e di giorno, senza tregua e non sapevamo se stare dentro o fuori. In questa situazione sai che puoi morire da un momento all’altro. C’era tanta paura soprattutto per i più piccoli, non avevamo niente, nemmeno cibo e acqua pulita». La religiosa egiziana commossa racconta un evento che l’ha colpita in modo particolare: «Quando hanno bombardato la chiesa ortodossa sono morte 18 persone, tra cui 8 bambini ed io ero là, ho visto tutto. Questo mi ha fatto troppo male. Un’altra esperienza difficili è stata quando, uscendo da Gaza, abbiamo camminato 7 ore tra le macerie e i corpi in strada e nessuno poteva seppellirli».
L’incontro con suor Nabila, che rientra nei laboratori di formazione organizzati dalla Versilia sulla tematica proposta dalla diocesi di Lucca “Semi di pace e di speranza”, è nato da un’idea della professoressa Amalia Lacatus che lo ha organizzato insieme a Carmela Novellini ed Eleonora Prayer e coadiuvato dalla pastorale scuola della diocesi di Lucca: «È un onore partecipare a questo incontro così importante – dichiara Lorenzo Cesana responsabile del servizio Irc della pastorale scolastica - perché abbiamo davanti una testimone di quello che è accaduto in Palestina, una cristiana che rappresenta quella speranza che non delude. Ci terremo in contatto con Suor Nabila per aiutare la sua congregazione alla costruzione della scuola». All’incontro è intervenuta anche la professoressa Luisa Locorotondo, responsabile dell’ufficio regionale Cei per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso. La conferenza è stata moderata dalla giornalista Eleonora Prayer.








