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Scritto da redazione
Cronaca
11 Dicembre 2024

Visite: 362

Perse la vita in una piscina con l’acqua alta un metro, perché i capelli le rimasero impigliati in un bocchettone, impedendole di tornare in superficie e finendo così in arresto cardiaco. Soccorsa sul posto e trasferita all’Opa di Massa in condizioni disperate, il suo cuore cessò di battere 4 giorni più tardi. La tragedia di Sofia Bernkopf, 12 anni e abitante a Parma, risale al luglio 2019 e si svolse all’interno dello stabilimento balneare Texas di Marina di Pietrasanta, facendo parlare di sé in tutta Italia. Mercoledì pomeriggio in tribunale a Lucca è arrivata la sentenza di primo grado letta dal giudice Gianluca Massaro, con 6 condanne e una assoluzione.

Pene che vanno da un minimo di 2 anni e 2 mesi a un massimo di 4 anni (superiori in certi casi alle richieste dell’accusa), a seconda dei diversi profili di responsabilità accertati dal giudice, per l’accusa di omicidio colposo aggravato dalla violazione del testo unico sulla sicurezza sui luoghi di lavoro.

Le condanne riguardando i quattro proprietari del Texas: Simonetta e Elisabetta Cafissi con i mariti Giampiero Livi e Mario Marchi, tutti residenti a Prato; il bagnino Emanuele Fulceri di Viareggio; il costruttore della piscina Enrico Lenzi, domiciliato a Massa e Cozzile in provincia di Pistoia. Assolto invece l’altro bagnino Thomas Bianchi, di Camaiore.

In sostanza, i titolari del bagno sono stati riconosciuti colpevoli di non aver garantito i requisiti di sicurezza previsti dalla legge; il costruttore della piscina di non aver rispettato i requisiti richiesti in merito al test di intrappolamento dei capelli, né i principi di prevenzione; il bagnino Fulceri di non aver affiancato a dovere il collega Bianchi – in servizio all’epoca nel bagno da meno di un mese -.

“Non cercavamo vendetta – commentano i genitori di Sofia, Edoardo Bernkopf e Vanna Broia (nella foto), che alla lettura della sentenza si sono lasciati andare ad un pianto liberatorio -, ma un verdetto che facesse riflettere chi opera in questo tipo di attività col pubblico. Perché il caso di nostra figlia, purtroppo, non è certo né unico, né raro. Serve attenzione”.

Grande soddisfazione è stata espressa da Salvatore Giannino, il pubblico ministero della Procura di Lucca che ha aperto e seguito passo dopo passo l’inchiesta.

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